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Intervista ad Andrea Pitasi alle prese con una … “Vita Astratta”… il suo romanzo d’esordio

In La Vita Astratta on dicembre 14, 2011 at 11:04 am

di Simone D’Alessandro

Una spy-story, un saggio di sociologia della globalizzazione, un manifesto tecno-politico, un’azione di eduinfotainment: queste le multiformi sfaccettature de “La Vita Astratta”, romanzo d’esordio del noto sociologo Andrea Pitasi.

L’idea nasce a partire dall’errore di Cartesio, come direbbe Damasio; ossia dal voler dividere i fenomeni della mente (res cogitans) da quelli del corpo e della materia (res extensa).

La celebre divisione cartesiana ha prodotto e continua a produrre danni incommensurabili alla scienza, ma anche alla politica e alla religione.

Da questo errore Pitasi (ri)parte per costruire un’intricata costellazione di complotti che arriva sino ai giorni nostri. Il romanzo, in realtà, diventa un espediente per osservare in modo nuovo il rapporto tra scienza, politica e società del futuro. Pubblicato dalla neo-nata casa editrice italiana WORLD HUB PRESS (WHP) che si propone di valorizzare il sapere scientifico attraverso la narrazione, La Vita Astratta è un percorso costruito a più livelli di lettura. Per saperne di più abbiamo chiesto direttamente all’autore.

Cominciamo dal titolo: la Vita Astratta. Cosa vorrebbe dire? Che l’astrazione ci permette di vivere meglio? O è una sofisticata forma di elogio della fuga, come direbbe Laborit?

Significa che tutto ciò che fa davvero la “differenza” nella vita è astratto. La gente si preoccupa di “risparmiare” su uno yogurt quando un’impennata o un crollo della borsa può farti  guadagnare/perdere una fortuna o un piccolo patrimonio. La gente si preoccupa troppo di un semplice raffreddore, quando la salute dipende molto di più da un’astratta sequenza di informazioni genetiche. La gente lotta nel pantano della quotidianità, quando le svolte decisive dell’umanità si reggono sui flussi di capitali, sulla conoscenza, sull’intangibilità e non certo sul lavoro operativo di chi sta alla catena di montaggio. La vita astratta non è una fuga, piuttosto la consapevolezza che quell’unica, interminabile guerra per la sopravvivenza ovvero per l’evoluzione non si vince mai nel corpo a corpo della trincea, bensì, metaforicamente, con satelliti e bombe intelligenti.

 Lei è un sociologo affermato, ma ha deciso di cimentarsi con l’arte del romanzo per divulgare la sua teoria scientifica sulla società globale. Questo almeno sembrerebbe uno dei suoi propositi. Ci spiegherebbe meglio quali sono le sue idee scientifiche e perché dovrebbero essere divulgate anche in forma di romanzo?

Considero la narrazione e il romanzo strumenti di divulgazione scientifica. In questo caso, in estrema sintesi, la mia teoria scientifica descrive i cambiamenti dell’intera specie umana, cambiamenti che per essere colti appieno richiedono una visione molto astratta. Il mio romanzo offre anche una visione strategica basata sulla scienza, su come affrontare la vita da una diversa prospettiva. Perché un romanzo? Anche se l’impresa è ardua, è comunque più idoneo di un saggio per dare una scossa al senso comune. Nel romanzo si troveranno alcune mie riflessioni sui sistemi sociali, sullo sviluppo tecnologico contemporaneo e su come sia possibile accelerare o ritardare il cammino dell’umanità attraverso il diritto, la politica, la manipolazione della scienza e la cattiva divulgazione mediatica. Preferisco non dire altro e lancio ai miei lettori una sfida: dopo aver letto il mio romanzo scatenate i vostri commenti sul blog della casa editrice che mi pubblica: https://highconceptproject.wordpress.com/ Capirò  in tal modo, se sono riuscito nel mio intento.

Esiste un lettore ideale de “La vita astratta”? Qual è il suo identikit?

Intelligente, curioso, ambizioso e stufo di tutta quella gente che, pensando in piccolo e affogando nella routine quotidiana, crede che le proprie abitudini e le proprie pigrizie siano la realtà e che amplificare le piccole cose, i gossip e le banalità significhi pensare in grande.

 I personaggi principali sono tutti molto ricchi, ambiziosi, brillanti, sfrontati, elitari, sfacciatamente contrari a ogni forma di assistenzialismo. Lo ha fatto di proposito per provocare le ire dei suoi lettori o c’è dell’altro?

 Sì, è voluto. Sono ambiziosi e temerari proprio perché pensano e agiscono davvero in grande. Al contempo, però, devono essere ricchi e potenti altrimenti non potrebbero accedere a dossier su un presunto complotto mondiale. Non è vero che sono contrari all’assistenzialismo tout court. In questo essi citano anche la parabola dei talenti di S. Matteo. Quindi: aiutare gli eroi di guerra ancorché sconfitti sì, ma aiutare gli “imboscati  della vita” che si compiangono e si nascondono dietro coltri di piagnucoloso vittimismo e di ignavia, no! 

 Tra i personaggi del suo romanzo c’è una giovane studiosa, metà olandese e metà statunitense che indaga su un bluff di Cartesio che già nel Seicento avrebbe – probabilmente in modo intenzionale – falsato e manipolato i termini di un complotto a favore del fideismo. Un complotto che ha contribuito a occultare la reale portata dello sviluppo scientifico-tecnologico sino ai giorni nostri, incidendo su momenti storici cruciali: dall’attentato a Ronald Reagan alla Caduta del Muro di Berlino, fino all’11 Settembre. Può spiegarci meglio senza svelare troppo le carte?

Sì, in gioco c’è il rapporto, attualissimo, tra scienza, fede (qualunque fede), politica e tecnologia. La giovane indaga sul fatto che già nel secolo del “processo a Galileo”, Cartesio avrebbe giocato sporco facendo credere di volere emancipare la scienza dalla fede, ma producendo nei fatti una scissione tra mente e corpo, cose spirituali e cose materiali, consegnando il regno dello spirito al governo della fede, la scienza al governo della politica e la tecnologia ai praticoni. Ancora oggi viviamo le conseguenze di quel suo errore che continua a influenzare la nostra epoca: ogni volta che a parlare di cellule staminali non è un genetista bensì un politico o un teologo cogliamo quale è stato il bluff di Cartesio…oltretutto il bluff cartesiano ha contribuito a ridurre la scienza a pratica burocratica. Cartesio, infatti, insegnava ad accettare per vero ciò che è evidente e ad accogliere solo idee chiare e distinte… Ma la scienza non è forse la navicella a bordo della quale l’umanità attraversa la nebulosa dell’ignoto, del non ancora, del futuro?

Le influenze negative di Cartesio sono, quindi, storicamente accertate?

Certamente, egli ha aperto la via al tentativo di ridurre la scienza a politica e a burocrazia, come anzidetto. Il suo migliore biografo, A. Baillet, ce lo descrive come un pavido, un  uomo oscuro anche a se stesso, molto più attento a ottenere il consenso politico e sociale che a far sviluppare la scienza.

Tornando al romanzo, il complotto mondiale descritto viene, nei fatti, scoperto da professori universitari competenti e coraggiosi. La storia sembrerebbe cadere a fagiolo con l’attuale stagione politica italiana dove un’elite di sapienti sta cercando di rimediare agli errori del passato. Inoltre, lei attacca pesantemente una certa accademia rimasta nostalgicamente ancorata alle tradizioni locali e che si vanta di non conoscere le lingue né le regole del mercato. Questo romanzo sembrerebbe il manifesto di una neo-accademia. Se è così ci spiegherebbe che ruolo dovrebbe svolgere l’Università oggi?

Beh, il manifesto per una nuova accademia mi sembra davvero eccessivo, è pur sempre un romanzo. Ma certamente a livello mondiale oggi l’Università è il luogo di una nuova cittadinanza – che io chiamo ipercittadinanza –  fatta di scienza, cosmopolitismo, imprenditorialità, autonomie sociali e molto, troppo altro per una sola intervista. Certamente l’università intesa come unità locale per il territorio, fatta di parti sociali locali e di logiche di piccoli notabili di paesello è destinata a implodere per assenza di domanda, diventando un brutto mix tra un liceo scadente e un mediocre centro di formazione professionale che risulterà sempre più impresentabile e indifendibile rispetto agli standard internazionali dove l’Università autenticamente glocal dovrebbe rappresentare l’avamposto delle frontiere del futuro in un mondo senza confini.

Ad un certo punto, nel suo romanzo, riprendendo il pensiero di Bacone lei divide gli uomini e le donne eccellenti in 5 categorie: pionieri, mercanti di luce, predatori, uomini del mistero e benefattori? Chi sono e che ruolo hanno nello sviluppo dell’umanità?

La Nuova Atlantide di Bacone è un’utopia che non si può prendere alla lettera ma in generale uomini e donne eccellenti sono sempre eroi dell’apertura, del possibilismo, dell’abbattimento delle barriere di ogni genere. Coloro che fanno la differenza sono curiosi e consapevoli che non esiste nulla di chiuso, locale, tipico su questo pianeta. Vuole un esempio facile? Laddove un localista ignorante vede negli spaghetti al pomodoro un piatto tipico dell’Italia meridionale, un uomo eccellente vede un’invenzione cinese (gli spaghetti) fusa con un ortaggio americano (il pomodoro) all’interno di una combinazione gastronomica mediterranea.

Lei in che categoria sta? Pioniere? Mercante di luce o…

Nessuna, quelli sono uomini eccellenti, io ne sono, al più, il loro cantore.

Dopo aver letto la vita astratta mi sono chiesto: ma chi è il vero protagonista della storia? In realtà, sembrerebbe quasi che ciò non abbia importanza. Molti dei personaggi pennellati sono strategici senza essere indispensabili. Parrebbe che si sia divertito a nascondere, qua e là, un’astrusa teoria sui sistemi sociali. Al di là delle azioni dei singoli personaggi, infatti, ciò che conta sembra essere la trama dei sistemi, o mi sbaglio? In questo caso mi sto masturbando più dell’autore o è l’autore che si è divertito a farmi girare su più livelli di lettura?

I protagonisti sono semplici modelli concettuali, non persone. Sono, come direbbe Kundera, possibilità sperimentali dell’essere. Per il senso comune il protagonista è il personaggio che appare di più. A tal riguardo è certamente Isabel. Ma questo romanzo cerca di far capire ai lettori di non cadere nelle trappole del senso comune per cui…

 Accanto alle masturbazioni cerebrali i suoi personaggi eccedono anche sul piano erotico, costruendo giochi sessuali che rincorrono i loro giochi linguistici. In questo caso l’eros è assolutamente concreto. Che spazio ha il sesso in una “vita astratta”?

Vita astratta non significa vita ascetica. Cervello e corpo sono un unico sistema di flussi energetici che Isabel, ad esempio, incarna alla perfezione. Isabel vive la sua vita, intellettuale e fisica, con pienezza. Attenzione però: sesso, cibo e denaro non vengono vissuti sotto una greve prospettiva materialistica, ma con la consapevolezza di chi sa godersi i piaceri senza essere schiavo delle passioni. La vita astratta è la vita di chi sublima. Di chi sa utilizzare tutto ciò che serve al corpo senza inutili sensi di colpa, ma aspirando a un obiettivo alto. Per fare un esempio concreto: una persona che persegue la vita astratta, nel momento in cui dovesse vincere alla lotteria, potrebbe decidere di investire una parte del denaro per migliorarsi o per fare qualcosa nella società in cui vive. Al contrario un pigro godereccio si crogiolerebbe della sua vincita magari pavoneggiandosi con il suo vicino di casa.

 Nascosta tra le pagine c’è per caso una morale?

Se una morale c’è è che una morale non c’è. Per questo occorre comprendere che il finale (non solo del romanzo, ma in tutti i sensi) è aperto ma non troppo…

In conclusione, perché dovremmo leggere la Vita Astratta?

Per non essere banali e per smetterla di chiamare vita il tedio quotidiano della trincea e delle piccole banalità operative.

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